La Viewability nella pubblicità digitale

Introduzione alla viewability

La pubblicazione di un annuncio ( advertising o ad  ) su un sito Web è un’operazione facilmente documentabile; tuttavia  la pubblicazione  non fornisce di per se stessa  indicazioni sull’effettiva possibilità  che l’ad sia  visibile agli utenti in modo semplice e diretto. Varie ricerche hanno dimostrato che una notevole quantità  degli annunci sono poco o per niente visibili per gli utenti per vari motivi ( i principali  sono indicati sinteticamente nella figura 1) quali  ad esempio )  l’utilizzo di ad blocker  o  la non disponibilità di un plug-in necessario per visualizzare l’ad.  Tra i  motivi che possono incidere   sulla visibilità di un annuncio  hanno un ruolo importante la posizione nella pagina e  il   tempo in cui l’ad rimane  visibile nella finestra del browser.


Figura 1. Alcuni motivi di “non visibilità” di un ad da parte del consumatore

Figura 1. Alcuni motivi di “non visibilità” di un ad da parte del consumatore

La  “visibilità” di un ad    è oggi  un aspetto importante, poiché , acanto al sistema pay-per-click,  ( PPC),  sono sempre più diffuse a livello digitale  le campagne pubblicitarie  di tipo CPM (costo per mille impression) e  CPI (costo per impression)., dove con il termine viene indicata la visualizzazione dell’ad da parte di un utente.

La gestione  della pubblicità  online da parte degli editori ( publisher)   su  siti Web ( oppure blog, minisiti,…)  avviene attraverso  un advertising server ( o ad server) in grado di gestire in modo semplice e veloce le richieste dei vari advisor in modo dinamico  ottimizzando le risorse disponibili ( slot di ads dei vari siti)  e il targeting ( cioè gli utenti a cui rendere visibili i singoli ad in base agli interessi o preferenze di ciascun utente).  Attraverso l’ad server è possibile  gestire la pubblicità in maniera più professionale rispetto al sistema manuale  del contatto diretto tra advisor e publisher;  l’ad server gestisce, invia e monitora gli annunci pubblicitari in modo autonomo e indipendente dai siti web sui quali vengono pubblicati  garantendo all’inserzionista che i dati statistici relativi ai  costi e  ai risultati della pubblicità siano  raccolti ed elaborati in modo centralizzato e indipendente dalla destinazione finale degli annunci.

 Si possono distinguere due tipologie di organizzazione del servizio di ad server:
  • Publisher AdServer:  un publisher utilizza  il proprio server per gestire la visualizzazione degli annunci; in questo soluzione  il publisher ha il  controllo completo della  gestione degli annunci, ma  anche un raggio di  azione limitato ai visitatori  dei propri siti.
  • AdServer di terze parti (o Third Party AdServer): in questo caso viene utilizzato   il servizio è offerto da uno o più  fornitori esterni specializzati e quindi è possibile organizzare campagne   su un ampio numero di siti e utenti.
Le  diverse  fasi per la pubblicazione  di un ad su un sito Web sono mostrate schematicamente nella figura 2:
  1. Un utente ( target) accede ad una pagina  Web dove sono allocati spazi ads.
  2. Il sito invia una richiesta all’ad server
  3. L’ad server crea una lista di tutti gli ads che si adattano al target
  4. L’ad server sceglie il migliore ad analizzando tutti gli ad presenti analizzando la lista delle priorità
  5. L’ad server fornisce l’ad alla pagina Web.
Figura 2 – Le fasi per la pubblicazione di un annuncio

L’utilizzo di adserver di terze parti rappresenta oggi una soluzione molto diffusa. Questo può creare il fenomeno di   dati di conteggio impression differenti, la cosiddetta discrepanza.  Queste discrepanze possono essere dovute a diversi fattori, quali traffico  generato da robot informatici, impression su domini non previsti dalla prenotazione, latenza (  ritardo tra la richiesta iniziale di un elemento pubblicitario e la visualizzazione sul browser dell’utente), blocchi (software di blocco degli annunci può impedire la pubblicazione dell'elemento pubblicitario a opera della terza parte). In Italia  le differenze tra i  sistemi di ad server portano a valori di discrepanza  in un range solitamente  compreso tra 5 - 6% ( dati forniti da UPA).

Accanto a queste problematiche occorre tenere presente un secondo elemento importante rappresentata dalla visibilità di un annuncio da parte del consumatore. Infatti anche se l’impression è presente  sulla pagina Web, possono esserci varie cause  che rendono difficile la sua visibilità e quindi ridurre le probabilità che il consumatore possa effettivamente “vedere” l’ad. Ad esempio la posizione nella pagina e il tempo in cui l’ad rimane visibile sono due fattori  essenziali per favorire l’utilizzo dell’ad da parte del consumatore. Da varie analisi effettuati negli ultimi anni risulta ad esempio che un banner su due non viene mai visualizzato perché viene erogato in una posizione di pagina non visibile all’utente. Come conseguenza  solo una percentuale delle impression vendute da un’agenzia o da un publisher  viene in realtà vista dal consumatore.

Per i motivi indicati in precedenza   si tende oggi sempre più a distinguere tra il numero di erogazioni di un annuncio (served impression) e  il numero di visualizzazioni ( viewable impression); quest’ultimo fornisce un’indicazione più precisa dei risultati di una campagna pubblicitaria.  Ovviamente Per questo negli ultimi anni sta assumendo un crescente interesse il concetto di viewability ( visibilità), cioè di una  metrica in grado di  misurare   la probabilità che un annuncio possa essere “realmente visto” da un utente che naviga nel sito in cui l’annuncio è pubblicato.  La viewability, infatti, misura solo le impression effettivamente visualizzabili dall’utente (viewable impression) in alternativa all numero di erogazioni totali dell’annuncio, anche non visualizzate.

Nel 2011  IAB (Interactive Advertising Bureau) insieme a  ANA (Association of National Advertisers) e  4A (American Association of Advertising Agencies) hanno dato  luogo all’iniziativa Making Measurement Make Sense (3MS)  con l’obiettivo  di definire delle metriche chiare e standardizzate nel settore della pubblicità interattiva comparabili ai sistemi utilizzati per valutare i supporti pubblicitari tradizionali. In collaborazione con MRC ( Media Rating Council ente di autoregolamentazione dell’industria pubblicitaria  in generale)  3MS  ha fornito una serie di indicazioni e norme per la definizione di viewability  su i diversi media ( desktop, mobile,…) , che rappresenta un punto di partenza importante per una maggiore trasparenza nel settore della pubblicità online.

Il concetto di  viewability
Nel definire il concetto di viewability  occorre tenere presente che quando l’utente accede ad una pagina Web viene visualizzata spesso solo una parte della pagina stessa ( detta  above the fold)  e si accede alla parte rimanente ( under the fold)  effettuando lo scroll della  pagina stessa ( figura 3). Se l’ad è posizionato “under the fold “ non c’è nessuna garanzia che l’utente  abbia visualizzato l’ad  anche se    ha effettuato l’accesso alla pagina  ( per cui nel caso di served impression l’accesso  viene conteggiato  anche se nella realtà il consumatore non ha visto l’ad).  I contenuti posizionati “above the fold”  sono particolarmente importanti;  infatti  alcuni studi recenti indicano infatti in meno di tre secondi il tempo entro il quale un utente giudica positivamente o meno una pagina web. 


Figura 3 -  Visibilità di una pagina Web

Lo standard  MRC su viewability
 Seguendo le indicazioni fornite da  MRC   un annuncio viene considerato visualizzabile   se sono verificate le seguenti condizioni :
  • per gli annunci tradizionali almeno il 50% dei pixel dell'annuncio deve essere  visibile nella finestra del browser per  almeno un 1 secondo;
  • per gli  annunci più grandi (quelli superiori ai 242.000 pixel), almeno il 30% dei pixel dell'annuncio deve essere visibile nella finestra del browser;
  • per gli annunci video in-stream, il 50% dei pixel dell'annuncio deve essere visibile nella finestra del browser per almeno  2 secondi.
Figura 4.a – Esempio  di ad non visibile
Figura 4.b – Esempio  di ad non visibile


Figura 5 – Esempio di ad che soddisfa il criterio MRC sulla viewability
Nelle figure 4.a e 4.b sono mostrati due esempi di ad  che non mettono i requisiti dello standard MRC, mentre nella figura 5 viene mostrato il caso di un ad “visibile” e di uno non-visibile.

La viewability dipende in modo significativo anche dalla forma e dalla posizione nella pagina Web. In particolare gli ad di forma verticale presentano in generale una viewability maggiore ( a parità di condizioni) di quelli di forma orizzontale dato che rimangono visibili sullo schermo più a lungo. Anche le dimensioni dell’ad sono importanti per la visibilità. Nella figura 6  viene indicato il valore della viewability media in funzione delle dimensioni dell’ad ( report di Think with Google).
Figura 6 -  Variazione della viewability rate in funzione delle dimensioni di un ad
 Alcuni fattori che possono in qualche modo   limitare la viewability di un ad sono: 1) la banda ( o bit rate),  2) latenza del server, 3) tipologia di acquisto dell’ad ( direct o programmatic), 4) campagna basate su ad server di terze parti.  I tutti questi  casi aumenta il tempo di caricamento dell’ad e quindi i tempi di latenza nel caricamenti di un annuncio  rendendo più critico il problema della viewability.
Il tempo di visibilità e la posizione nella pagina rappresentano fattori essenziali per favorire l’impression da parte degli utenti; lo standard MRC indica i valori  minimi per questi due parametri, ma ovviamente valori superiori forniscono risultati migliori e possono coinvolgere più direttamente l’utente.  Secondo un  report di IPG Media Lab se la viewability è inferiore  ai valori “standard” di MRC solo il 23% dei consumatori “vede” l’ad, mentre tale probabilità sale al 48% e al 76%  se la viewability è rispettivamente uguale o maggiore del valore minimo stabilito dallo standard MRC ( figura 7).



Figura  7 –    Percentuale di utenti che vedono un ad a secondo della valore della viewability  in rapporto allo standard MRC (dal report “Putting science behind standards” di IPG Media Lab)
L’utilizzo della viewability per valutare le prestazioni degli annunci si è notevolmente diffuso negli ultimi anni. Uno studio effettuato da Sublime Skinz  e  Theorem evidenzia  che il 56% dei marketers utilizza il sistema vCPM ( viewable COPM, cioè il costo è valutato  solo dalle  impression effettivamente visualizzabili dall’utente).  Tuttavia lo studio ha anche rilevato la mancanza di regole chiare  e la difficoltà di dati effettivamente coerenti ( 52% degli intervistati).  Nello studio viene anche evidenziato che gli standard MRC sulla viewability rappresentano un punto di partenza , ma che sono necessari standard più precisi tra i vendors per ridurre le discrepanze belle campagne pubblicitarie e la confusione intorno al concetto di viewability ( 63% degli intervistati).

Un’indagine  effettuata nel 2014 da Sizmek Research  sulla viewability e sulle relative metriche  analizzando 240 miliardi di impression mette in evidenza i seguenti aspetti:
  • Ad con un valore di viewability del 70% presenta prestazioni superiori su tutte le impression misurate;
  • La   “viewability rate” ( numero di impression  presenti su una pagina web che seguono lo standard sulla viewability diviso il numero di impression presenti nella pagina stessa) aumenta con l’adozione di formati più interattivi;
  • HTML5 migliora  la “viewability rate” più di  Flash
  • Gli ads generati mediante l’advertising programmatic presentano spesso una  minore viewability rispetto al sistema direc t publishing

Viewability e il mobile
Le tecnologie mobili stanno acquistando una crescente quota nel mondo dell’avertising, tanto che in questo anno le revenue per ad sul mobile supereranno quelle ottenute dal desktop ( Zenith ). Nel 2016 MRC ha rilasciato le linee guida sulla misurazione delle impression viewable mobile sia per mobile Web, sia per  mobile in-APP (MRC Mobile Viewable Ad Impression Measurement Guidelines - Final Version). Le  principali indicazioni imposte per la  viewability sono simili a quelle fornite per il desktop:
  • Almeno il  50% dei pixel dei pixel dell’annuncio deve essere visibile almeno per un secondo 
  • Almeno il  50% dei pixel deve essere visibile per  due secondi consecutivi nel caso di un video ad ;
Il valore minimo di pixel richiesto ha la priorità sulla misurazione del tempo.

Viewability e ad recall

Un altro parametro  importante per valutare l’efficacia di una campagna pubblicitaria è l’ad recall,  che  misura il grado di ricordo di un messaggio pubblicitario presso il pubblico; l’ad-recall indica    la percentuale di consumatori appartenenti a un dato gruppo  che ricorda l’annuncio pubblicitario senza bisogno di uno stimolo verbale o visivo, o che lo riconosce dopo essere stata sottoposta a uno stimolo ( Glossario marketing).   L’ad recall è un parametro non strettamente legato alla viewability, come mostrato  come mostrato nella figura 8  ottenuta dal report “Putting science behind standards” di IPG Media Lab. Si può notare che che l’ad recall rimane costante per valori di viewability sotto o uguali allo standard MRC, mentre nel caso di valori sopra lo standard MRC si ha un incremento significativo dell’ad recall.


Figura 8.  L’ad recall a seconda del valore di viewability (dal report “Putting science behind standards” di IPG Media Lab)

Anche alcuni  impression sotto lo standard MRC possono avere un buon valore di ad recall   nel caso in cui  sono  in  visibilità per un lungo periodo di tempo ( oltre 1 secondo). Naturalmente possono presentarsi  anche  vari casi in cui l’impression è sopra lo standard MRC ma ha un valore basso di ad recall. Nella figura 9 viene mostrato come varia la percentuale di utenti che “vedono” un ad per tre tipologie di ad ( banner, formati di dimensioni maggiori, video) in funzione della viewability ( sotto, uguale o maggiore dello standard MRC).
Figura 9 - L’ad recall a seconda del valore di viewability per alcuni  formati (dal report “Putting science behind standards” di IPG Media Lab)

Nella figura 10  viene mostrato come varia in percentuale l’ad recall in funzione del tempo in cui l’annuncio è visibile ( 10.a)  e della percentuale dei pixel visibili ( 10.b); dalla figura si ricava la maggiore rilevanza per l’ad recall del fattore “tempo”. Questo risultato  è confermato anche dalla figura 11 dove viene riportato in modo sintetico l’effetto del tempo in vista e della % dei pixel sull’ad recall.



Figura 10.a .  Cambiamento in % dell’ad recall in funzione del tempo di visibilità di un ad
Figura 10.b.  Cambiamento in % dell’ad recall in funzione  dei  pixel visibili


Figura 11 – Viewability e ad recall

 La probabilità di ad recall in funzione del tempo in view e della percentuale di pixel in view è mostrata nella tabella successiva (  IPG Media Lab).

Nel caso di video   la presenza di audio aumenta in modo significativo l’ad recall ( figura 12 da  IPG Media Lab ).



Figura 12 -  Influenza dell’audio in ad video

Viewability in Europa
Nella figura 13  sono mostrati i risultati di  una ricerca  effettuata da Meetrics  ( periodo Aprile 2016 - Aprile 2017) su vari miliardi di ads  relativa al vieeability rate in  4 paesi europei ( Austria, Francia, Germania e UK).    In Italia il valore della viewability rate è uguale al 54% secondo un report di  Comscore.


Figura 13. Viewability rate in alcuni paesi europei


 Post  scritto da www.ladyborsa.com 







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